mercoledì 9 novembre 2016

E vinse Trump

Contro le previsioni di tanti opinion maker che negli ultimi giorni hanno affollato i nostri salotti televisivi rivelando una competenza prevalentemente circoscritta ad ambienti dell’economia, dell’alta finanza, ha vinto Donald Trump. "Esperti e autorevoli"  forse nutriti più di aperitivi delle conferenze stampa che di contatti diretti, reali; sondaggisti ai quali non chiederei neppure se una selezione della nostra Nazionale può vincere su una squadra di scapoli ammogliati over 40.
Eppure i talk show continuano ad ospitare gli stessi...
L’esponente repubblicano  era sovente descritto con toni ironici, si era scavato nella sua vita privata, si era presa di mira l’origine comunista  della moglie Melania (slovena). Tra i tanti sinonimi per citarlo, con deprecabile fantasia si era usato tycoon (magnate). Trump era stato dipinto come la minaccia e quindi i favori non potevano che andare a Hillary Clinton; in realtà l’auspicata vincitrice per noi europei e per una visione liberal che, tuttavia, non è così dominante in America.  E a votare andavano loro, i cinquanta stati. 
Ai più sfugge che gli USA non sono solo a Los Angeles, San Francisco, New York, Philadelphia o Chicago: è sui pier dei porti di New York, di Baltimore, di South Louisiana, di Houston o di Mobile; è nelle vaste estensioni rurali della Green America, è anche in quel Grande Paese che puoi vedere viaggiando sui bus o suo treni di Greyhound o Amtrak in un coast to coast con gli occhi ben aperti.
Si parla di risultati choc, sorprendenti; la signora Clinton aveva confidato troppo nei sondaggi che la davano in netto vantaggio, eppure la sua lunga esperienza nella politica, la sfida con Obama nel 2008 per la designazione a candidata presidente avrebbe dovuto esserle d'aiuto.
Intanto, però, ecco un particolare di non poco conto: stamane, quando si profilava la sconfitta, Hillary Clinton non si è presentata ai suoi supporter che per mesi avevano sgobbato senza sosta per portarla alla vittoria; nel quartiere generale è apparso invece John Podesta, il presidente della sua campagna elettorale che, pur col groppo in gola, ha continuato a confidare sulla conta dell'ultimo voto. No, la mancata presidente non ha saputo perdere; lecito domandarsi: avrebbe saputo vincere?
Intanto registriamo le pronte félicitations di Marine Le Pen "victoir du peuple américain libre" e poi, da casa nostra: “con la vittoria di Trump riprende quota Matteo Salvini” (che c'entra?) mentre Grillo ritiene che il movimento che c’è dietro Trump sia simile a quello dei Cinquestelle" (come se il Republican Party sia stato fondato un mese fa e non nel 1854).  E poi i convenevoli con frasi di circostanza: "siamo pronti a collaborare".
Allora credo che Trump possa stare tranquillo: la sua America potrà finalmente contare su una squadra di solidi alleati. 

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